Ad aprire le “danze” sono state le facoltà di Medicina e Chirurgia e Odontoiatria, seguite da Architettura, Medicina veterinaria e professioni sanitarie.
Stiamo parlando dei test d’accesso per i corsi di laurea “a numero chiuso”, appuntamento post vacanze per parte delle future matricole. Quest’anno, a quanto pare, una fetta abbastanza consistente: 90mila i candidati solo per medicina e chirurgia – 78mila lo scorso anno – per circa 10mila posti disponibili.
Valido strumento di selezione, soprattutto per le facoltà più “toste”, o inutile ostacolo? Cosa pensano dei quiz gli universitari di domani e quelli che li hanno già sostenuti?
Jessica, 19 anni, è di Frosinone e ha concluso quest’anno il liceo socio-psicopedagogico. Domani avrà una prova per la facoltà di scienze della formazione, indirizzo Scienze dell’educazione. Il corso di laurea non è più ad accesso limitato, ma è necessario raggiungere un numero minimo di risposte esatte al questionario per potersi iscrivere. Secondo Jessica i test possono servire, ma rischiano di tagliare fuori ragazzi penalizzati dagli studi delle scuole superiori, che potrebbero anche “emergere”e migliorare successivamente. In poche parole, la prova selettiva rischia di “tagliare le gambe” a chi non ha studiato bene certe materie, ma può “riscattarsi” in un secondo momento: «Uno studente, pur partendo da un livello non sufficiente di base, legato allo studio di discipline non affrontate adeguatamente nelle scuole precedenti, potrebbe comunque arrivare a livelli eccellenti. Però con il test si esclude in partenza questa possibilità». A proposito del boom registrato in alcuni atenei da facoltà scientifiche, come medicina e odontoiatria, ci dice: «Medicina assicura forse più di altre facoltà un posto di lavoro, ma personalmente credo che bisogna avere la motivazione e le conoscenze giuste per affrontare certe materie e tanti anni di studio».
Sonia ha 23 anni, è di Milano e frequenta il corso di laurea in Chimica e tecnologie farmaceutiche. Si definisce un “medico mancato”, dato che, dopo il liceo, ha fallito per pochi punti il suo obiettivo: l’ingresso a medicina. Nonostante la forte delusione difende il numero chiuso: «Sono sempre stata sostenitrice dei corsi di laurea ad accesso limitato, e nel tempo non ho cambiato idea. Soprattutto in una fase come questa, in cui la richiesta per certe facoltà, su tutte medicina e odontoiatria, è ancora più alta che in passato. Con la crisi sempre più persone “si buttano” sui corsi che garantiscono più lavoro, anche se non hanno la preparazione o la volontà adeguata. Mettere delle barriere diventa, quindi, fondamentale».
Luciana ha 26 anni ed è di Bari. Ha provato ad accedere a Psicologia due volte e oggi è iscritta alla laurea magistrale in Educazione degli adulti e formazione continua, Facoltà di Scienze della formazione. A suo parere la selezione serve a poco: «Dopo la maturità classica, volevo iscrivermi al corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche; il test l'ho ripetuto per due anni di fila all'università degli studi di Bari, ma con esito negativo, tanto da optare per un altro corso. Secondo me il quiz non è uno strumento utile di valutazione visto che il più delle volte sull’esito della prova incide molto il voto della maturità, attribuito non tenendo conto della meritocrazia; la selezione si fa da sé successivamente. Nel mio attuale corso di laurea siamo partiti in 500 ed ora siamo circa 40/50. Questa è la dimostrazione che prevedere l’accesso limitato può servire a ben poco».
Di parere opposto Laura, studentessa ventiquattrenne di Medicina all’università di Perugia: «I test sono un metodo giusto, spingono gli studenti a prepararsi allo studio fin da subito e penso che molti giovani ci provino anche perché sanno che nella maggior parte dei casi ad andare avanti sono le persone maggiormente disposte ad affrontare libri e sacrifici».
Come dire che lo studio, alla fine, paga. Se “sulla carta” l’obiettivo è quello, nella realtà è, però, sempre così?
Chiara Del Priore
14 settembre 2011
Foto di Ccarlstead