In Italia la famiglia d'origine rappresenta il vero ammortizzatore sociale. I giovani che decidono di rimanere a vivere con i propri genitori stanno aumentando sempre di più, visti i lunghi tempi di attesa che occorrono per una sistemazione lavorativa.
Spesso, dunque, è una scelta forzata causata da difficoltà oggettive come la mancanza di lavoro e la stabilità economica. Infatti i giovani italiani vivono di ripetizioni, di lavori occasionali e continuano a studiare nella speranza di ricevere in futuro un'offerta lavorativa di buon livello. In alternativa, soprattutto i ragazzi più istruiti, si vedono costretti ad andare all'estero in cerca di un lavoro che valorizzi le loro capacità.
La gravità della situazione è confermata da un dato in costante aumento, quello degli inattivi, ossia coloro che smettono di sperare e dunque di cercare. Secondo l'ultimo rapporto annuale dell'Istat, presentato nel 2010, in Italia sono oltre 2 milioni i giovani che non studiano e non lavorano. Chiamati anche Neet (Non in education, employment or training), sono ragazzi tra i 15 e i 29 anni colpiti dalla disoccupazione e sospesi in una frustrante condizione di inattività. Si concentrano soprattutto al Sud Italia (più di un milione) e il 21% di essi sono persone laureate.
Ma i ragazzi che vivono in queste condizioni precarie, si possono davvero soprannominare “bamboccioni”?
Scopriamolo insieme a questo servizio di Ustation, il Network di contenuti universitari per eccellenza, che ha indagato la condizione lavorativa e le prospettive future dei ragazzi dell'Università La Sapienza.
Desirée Noto
2 marzo 2011
Foto di Triratna photos