Ancora pochi i laureati, tanti gli abbandoni, troppa la frammentazione dei corsi. A dieci anni dalla riforma del 3+2 arriva l’ultimo rapporto della Corte dei Conti sul sistema universitario.
Era il 1999 quando il decreto ministeriale 509 archiviò per sempre la laurea quadriennale, che da allora si sarebbe chiamata vecchio ordinamento. Abolì le annualità e introdusse i crediti formativi, in linea con l’Europa e con l’obiettivo di favorire la mobilità internazionale degli studenti. Nasceva ufficialmente la laurea breve, triennale, e il biennio specialistico. L’obiettivo era dichiarato: aumentare il numero di laureati, rispondendo così ad uno dei più grossi ritardi italiani, la bassa scolarizzazione.
Dieci anni e due correttivi (nel 2004 e 2007) dopo, è tempo di bilanci e a tracciarli è proprio la Corte dei Conti, secondo la quale sono molti i punti critici. “La riforma – si legge sul rapporto di marzo - non ha prodotto i risultati attesi né in termini di aumento dei laureati né in termini di miglioramento della qualità dell’offerta formativa, avendo anzi generato un sistema incrementale di offerta, con un’eccessiva frammentazione delle attività formative ed una moltiplicazione spesso non motivata dei corsi di studio”. Ma partiamo con ordine.
Gli studenti iscritti all’università sono una popolazione di poco più di 1.800.000 persone ed è una cifra che si è mantenuta stabile negli ultimi cinque anni. A questa stabilizzazione contribuisce un dato di sostanziale pareggio tra matricole (308 mila) e laureati (293 mila, in calo però, nel 2008). Nei primi anni di applicazione della riforma si registrò in effetti un aumento considerevole delle matricole (con un picco nell’a.a. 2003-04), ma negli anni successivi gli ingressi hanno iniziato a diminuire progressivamente per poi stabilizzarsi. Inoltre, a preoccupare di più è il fatto che non sia diminuita la quota degli abbandoni dopo il primo anno, che ostinatamente continua a segnare il 20 per cento, “valore questo sostanzialmente analogo a quello registrato negli anni precedenti la riforma degli ordinamenti didattici” precisa il rapporto.
Se da un lato non sono aumentati come si sperava gli studenti, dall’altro invece i corsi hanno subito una vera e propria fermentazione. L’offerta di corsi per le lauree triennali è aumentata del 27% e in totale, insieme al biennio, si contano ormai 5.519 corsi attivi. Troppi e inefficienti secondo la Corte: “Il quadro rappresentato mostra che la riforma ha spesso favorito l’attuazione di corsi di studio rispondenti spesso ad una modesta domanda. Inoltre, la riforma non ha realizzato l’obiettivo di attuare una distribuzione degli insegnamenti tra lauree e lauree specialistiche, ma ha avuto l’effetto di realizzare una frequente duplicazione degli stessi oltre che una frammentazione degli insegnamenti”.
Il Rapporto conclude comunque precisando che in questi ultimi anni si sta assistendo ad un’inversione di tendenza attraverso processi di autocorrezione, come l’accorpamento di corsi con pochi iscritti, fino ad arrivare alla fusione di alcuni atenei.
Raffaella Giuri
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