Il posto di lavoro in banca é ancora al top nelle aspirazioni dei laureati italiani. Ma quel posto di lavoro é molto cambiato negli ultimi anni. E cambierà ancora di più nei prossimi anni. E’ un cambiamento profondo, strategico, che muterà radicalmente la fisionomia della banca, trasformandola da “tempio” del denaro, e della sicurezza, in una attività che, mantenendo le sue caratteristiche di affidabilità e di garanzia, esprimerà contenuti di maggiore aggressività commerciale, di maggiore attenzione alla dinamica dei clienti e alle loro richieste. Per questo, anche il lavoro in banca cambierà radicalmente le sue caratteristiche.
Ordine e precisione
Fino a non molti anni fa, le qualità più richieste a chi aspirava a lavorare in banca, stavano nel gruppo delle caratteristiche di ordine, accuratezza, metodicità e precisione. All’uomo di sportello, all’addetto al back office, si chiedeva di compiere con estrema precisione ed accuratezza una serie di attività “tecniche” di compilazione, registrazione, controllo ecc. Per chi aspirava al lavoro in banca contavano più le qualità “ragionieristiche” che quelle relazionali. Perché la banca era, ed in qualche misura lo é ancora, soprattutto un luogo dove tenere conto dei versamenti, degli impieghi, degli interessi ecc.
Dall’operatività alla relazione
Con il crescere della competizione tra banche, con l’apertura del mercato anche a soggetti non bancari, ma in grado di svolgere attività finanziarie (reti di promotori, mediatori immobiliari, mediatori creditizi ecc.) gli aspetti “operativi” sono diventati meno importanti di quelli “relazionali”. Certo, in banca occorre ancora esssere precisi, affidabili, metodici, ma una buona parte del lavoro ordinario viene svolto dal cliente stesso, che paga le bollette con la domiciliazione bancaria, che effettua bonifici attraverso Internet, che preleva denaro contante con gli sportelli bancomat, che paga con la carta di credito. E comunque anche i sistemi informativi delle banche sono cambiati molto in questi anni, accelerando sempre di più sul piano degli automatismi e dei controlli incrociati, finalizzati a ridurre quanto più possibile l’intervento (e l’errore) umano. Così la banca si é lentamente traformata, e lo sarà sempre di più nei prossimi anni, in una attività con una forte valenza commerciale e relazionale. Di conseguenza ai suoi dipendenti , soprattutto quelli che hanno un contatto diretto con la clientela, la banca chiede capacità diverse da quelle tradizionali. Tanto diverse che per marcare la differenza rispetto al passato, anche la terminologia che identifica i ruoli, é spesso cambiata.
La scomparsa dello sportellista
In Unicredit, uno tra i gruppi top del mercato italiano, e non solo, la figura dello “sportellista”, cioé della persona che allo sportello compie per il cliente le operazioni ruoitinarie, é scomparsa: al suo posto c’é “l’addetto al servizio clienti”. E non si tratta solo di una rivoluzione semantica, ma di un profondo cambiamento di ruolo. Ma la stessa trasformazione, funzionale più che terminologica, c’é ovviamente anche in altre grandi banche: nel Gruppo Intesa Sanpaolo, nel gruppo Ubi, in Monte Paschi di Siena. E c’é naturalmente anche nei grandi gruppi stranieri che hanno impiantato le loro attività in Italia. In Barclays, che nel nostro Paese si caratterizza per una aggressività commerciale molto spiccata, dicono per esempio: “entrare a lavorare in Barclays significa abbandonare l’approccio prevalentemente “gestionale” verso un portafoglio già esistente, tipico degli istituti consolidati, adottando un approccio fortemente commerciale finalizzato alla creazione ex novo del portafoglio clienti della propria filiale”. Sulla stessa linea di sviluppo della vocazione commerciale dei dipendenti, si situano un po’ tutte le banche più dinamiche, che sono poi anche quelle che, nella generale stagnazione del mercato, continuano ad assumere giovani da inserire in azienda.
Ma si può imparare
E se la preparazione di chi entra in banca non é sufficiente, provvede l’istituto stesso a pianificare attività di crescita professionale indirizzate verso lo sviluppo delle capacità relazionali. Nel Gruppo Ubi per esempio accanto alla indispensabile formazione “tecnica” su procedure e prodotti, si tengono corsi come “Contattare e comprendere la clientela”, “Valenza commerciale dell’area operativa”, “Ascolto attivo e strutturato”, corsi nei quali si sviluppano capacità relazionali che però debbono già essere presenti nel dipendente.
Per questo oggi lavorare in banca significa prima di tutto sviluppare la propria capacità di relazionarsi con il mondo esterno, la propria capacità di approfondire il rapporto con la clientela e di sviluppare la propria vocazione commerciale. Se c’é, naturalmente.
Mario Salvatori
direttore del mensile AziendaBanca
Foto di Swisscan