Intervista a Paolo Iabichino,
Direttore Creativo di OgilvyOne, OgilvyAction e OgilvyInteractive
- Partiamo dalla tua ultima fatica letteraria, “Invertising”. In esso si parla di una vera e propria rivoluzione in atto: dai monologhi dell’advertising classico, alla dialettica continua tra brand e user (non più consumer), dallo shopping alle pratiche di sharing. Quali sono state le pratiche di Invertising utilizzate per promuovere "Invertising"?
L’Invertising non consiste in una serie di pratiche, ma è prima di tutto un nuovo atteggiamento di comunicazione. In questo senso, forse, il libro ha potuto usufruire di una sua diffusione spontanea nella misura in cui autore e contenuti hanno aperto un canale di conversazione.
- Anche nel mondo del recruiting le aziende devono saper conversare più che comunicare per poter trovare ed essere scelte dai migliori talenti in circolazione?
Decisamente sì. C’è un grande bisogno di trasparenza. Dedicare il proprio tempo alla conversazione con le persone è ora l’elemento che fa la differenza. Oggi come non mai si ha un’occasione unica: quella di poter trasmettere l’immagine aziendale, i propri valori e la propria cultura con le parole delle stesse persone che lavorano nell’azienda.
- Molti parlano di “morte del CV”, nel senso che è uno strumento superato, statico, bidimensionale, anti-creativo. Pensi che proporsi oggi in un’agenzia pubblicitaria con un semplice cv in mano sia limitante?
Per chi vuole approcciarsi a un ambiente creativo legato alla promozione e la comunicazione, è necessario distinguersi, e destare l’interesse dei potenziali datori di lavoro.
Mi è capitato di “seguire” online una persona che aveva lasciato un commento particolarmente pertinente. In seguito l’ho contattato per conoscerlo. Poi, non sempre tali contatti possono tramutarsi in occasioni professionali immediate nelle aziende, complici fattori economici e la mancanza di posizioni aperte in settori specifici. Ma il fatto di stringere una relazione è un valore a se stante, che torna sempre utile nel medio-lungotermine.
- Il Personal Branding è in Italia un argomento molto attuale. Grazie alle nuove tecnologie è possibile creare, curare e diffondere un profilo completo di se stessi online. Si tratta di una naturale evoluzione del curriculum vitae, una sorta di “CV 2.0?”
Non amo molto il termine Personal Branding: preferisco l’accezione di Identità. Questa deve e può essere coltivata e curata al meglio. In questo modo, si possono afferrare occasioni di una portata inimmaginabile fino a poco tempo fa. Oggi grazie a internet puoi essere contattato in tempo reale da qualcuno dall’altra parte del mondo che si è accorto della tua esistenza 5 minuti prima, e cominciare una collaborazione, senza troppi problemi.
- Con l’avvento del Web 2.0 sono emerse sul mercato nuove necessità da soddisfare e competenze inedite da ricercare nei nuovi talenti. Tali competenze si stanno strutturando in vere e proprie professioni emergenti nell’ambito pubblicitario, della comunicazione e del marketing?
Il mondo della pubblicità e della comunicazione sta subendo in questi anni profonde trasformazioni. Le figure canoniche del direttore creativo e del copywriter sono sostituite da giovani con competenze tecniche interdisciplinari, capaci di muoversi con efficienza simultaneamente in diversi settori. Ma il fattore primario rimane la creatività, l’idea: la necessità primaria alla base di questa professione, in tutte le declinazioni in cui potrà manifestarsi negli anni a venire.
- Tra i tuoi tanti progetti, la collaborazione con Wired.it e l’ideazione del Manifesto Internet for Peace. Credi che in un mondo in cui alla ormai secolare crisi dei valori e delle ideologie si è aggiunta una devastante crisi economica, Internet sia di per sé, soprattutto per i ragazzi, qualcosa in cui credere?
Il punto non è avere qualcosa di nuovo in cui credere, perché quel qualcosa esisteva già prima: e sono le persone, siamo noi stessi. Internet è quel mezzo straordinario che ha permesso di mettere in contatto globalmente e in tempo reale le persone, alle volte razze e culture che probabilmente non si sarebbero mai potute conoscere e confrontare. Internet è un’opportunità: l’opportunità di poter tornare a credere in noi stessi.