Intervista a Marco Montemagno - Cofounder @ Codice Internet & Cofounder @ Augmendy
- In che modo il web 2.0 sta cambiando l’approccio dei ragazzi alla ricerca di un lavoro? Crea davvero delle inedite occasioni di assunzione?
L’aspetto più interessante non sono i siti per la ricerca del lavoro, bensì la possibilità di trovare un lavoro senza cercarlo direttamente e senza un classico curriculum. Come? Costruendoti la tua personalità online e venendo notato dalla community a cui sei iscritto per le tue competenze e ciò che hai condiviso. Altro aspetto importante è l’apertura e il connubio del web verso il mondo freelance. Esistono molti siti dove mettere a contatto diretto fornitore e cliente sotto quest’ottica, come Elance e Odesk.
- Esiste un percorso di formazione ottimale per diventare blogger? Oppure è una professione che si apprende sempre sul campo?
La maggior parte delle competenze online si acquistano con l’esperienza: un’attività premiante è la persistenza della presenza online. Bisogna entrare nell’ottica che bisognerà dedicarvi molto tempo. E rimanere sempre aggiornati: il web cambia così rapidamente che gli esperti non esistono più, o meglio: ciò per cui ti ritieni esperto oggi, domani è già radicalmente cambiato. Un testo a riguardo che consiglio caldamente: Crush It di Gary Vaynerchuck.
- Come immagini la professione del giornalista da qui a 10 anni? Le regole della carta stampata sopravviveranno? Oppure sarà un mondo di blogger? O ancora, vivremo in realtà di news a 140 caratteri in stile Twitter?
Vedo tutti questi scenari mescolati insieme. Vedo persone con alti skill che si adoperano in attività di informazione a 360 gradi, e questo a prescindere dal fatto che abbiano un tesserino o meno. Quelli in gamba avranno un seguito. Sarà la qualità l’elemento premiante, anche sul versante economico. La monetizzazione arriverà indipendentemente dal proprio titolo. Porto come esempio TechCrunch, il blog più conosciuto e autorevole sulle società e i prodotti del Web 2.0: chi l’ha lanciato non è un giornalista, è un avvocato.
- Sei anche il cofondatore di Codice Internet, portale di diffusione della cultura web in Italia, e di Augmendy, società web specializzata in social media attraverso la quale sta per approdare anche in Italia la Social Media Week.
Cosa valuti maggiormente nello scrutinare un cv di eventuali collaboratori, e in un colloquio?
Grande propensione alla curiosità, volontà di approfondire e capacità di aggiornarsi. Costanza e persistenza. E grande umiltà, il che ci porta agli antipodi dall’approccio classicamente giornalistico. Non pensare di essere un’elite, bensì l’esatto opposto. Chi ascolta, chi legge, ne sa sempre più di te.
- Su internet appaiono ogni mese decine di nuove idee e realtà imprenditoriali. La maggior parte di esse però, causa diversi fattori, non riescono a spiccare il volo. Cosa consiglieresti a una startup imprenditoriale del mondo 2.0 per sopravvivere alla concorrenza?
Spesso il problema della startup è che si parte clonando idee esistenti: quindi il mio primo consiglio è: abbiate un’idea originale. Poi porsi da subito il problema del modello di business: in Italia non è come negli Usa dove si trovano venture capitalist disposti a offrire parecchi soldi per le tue idee, e le classiche raccolte pubblicitarie non sono bastanti per tutti. Last but not least: coinvolgere un team competente. Non cercare di fare tutto da solo: è sempre necessario scovare le persone giuste in grado di colmare le tue lacune.
- Jaron Lanier, guru del Web e prestigiosa firma di Wired ha pubblicato un nuovo libro, "You are not a gadget: a manifesto", nel quale definisce il web 2.0 come una bolla pronta a scoppiare, e il “bloggismo prima e ora il feisbucchismo poi manifestazioni deteriori di un opinionismo non richiesto, perché privo di qualsiasi autorevolezza e di qualsiasi competenza.”
Dovessi commentare il post del blog di Lanier dove si trovano queste affermazioni, cosa risponderesti?
Premesso che Jaron Lanier è un personaggio estremamente originale e le sue affermazioni vanno sempre prese con le pinze, concordo sul fatto che "web 2.0" sia ormai divenuta più una sigla di marketing che di contenuto reale. Ma è indubbio che riguardo gli aspetti sottesi da questa etichetta, c’è un’apertura e una crescita. Internet è un mezzo molto giovane: si trova e si troverà molta spazzatura online. Il problema alla base, che è anche la soluzione al problema è quello di creare una cultura del Web.
Giulio Xhaet