Professione? Giornalista, pardon blogger, no… esperto di tecnologia.

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Internet è la prima fonte di informazione. Prima perché più usata, ad accesso immediato e gratuita. Un risultato logico, considerando che il web è anche il primo media attraverso il quale passano le notizie, praticamente in tempo reale.

A rendere possibile questo primato che è destinato a rimanere tale - a meno che non si verifichi il crac per eccesso di traffico perché ormai un quarto della popolazione mondiale è in rete – sono stati principalmente i social media, da Wikipedia a Google fino ad arrivare a Facebook e alle altre reti sociali. Chi naviga quotidianamente si costruisce un carnet di fonti da cui approvvigionarsi di notizie e a cui accedere per formare la propria opinione sui fatti: uno sguardo agli ultimi lanci d’agenzia, l’editoriale del quotidiano online e un passaggio tra i blog preferiti per vedere quali argomenti sono oggetto della discussione del giorno.

La rete è un universo che pulsa di emittenti la cui luce può essere infinitesima o considerevole a seconda della capacità di attrarre l’attenzione e costruirsi un proprio seguito di lettori.

Sebbene il loro utilizzo si sia diffuso in tempi piuttosto recenti, queste nuove fonti hanno subito nel giro di qualche anno una notevole evoluzione. I blog di qualche tempo fa, ovvero quella semplice versione elettronica del diario da comodino,  non esistono praticamente più. Ora il debutto, per così dire, nella società digitale di chi vuole utilizzare le nuove tecnologie in modo attivo avviene o tramite la creazione del proprio profilo su un social network oppure attraverso l’apertura  di un blog d’opinione. In quest’ultimo caso, però, il tentativo oggi è quello di distinguersi per l’originalità di pensiero e le proposte di dibattito. I nuovi blog, insomma, aspirano ad  essere più simili ai tabloid che ai diari e come tali propongono una selezione di notizie arricchite dalle opinioni del redattore. Specializzati o generalisti, sono apprezzati perché a differenza dei tabloid tradizionali sono autogestiti e fuori dal controllo degli editori.    

Questa nuova forma espressiva - se gestita seriamente e non come vuoto petulare - può essere un interessante esperimento del nuovo modo di fare informazione. Può essere utile osservare lo stile dei blog di alcuni giornalisti che si sono, per così dire, evoluti anche in versione digitale e avvicinarsi così al giornalismo, ripetendo il percorso al contrario. Se le opinioni espresse o la chiave di lettura degli eventi viene considerata originale ed attendibile dal popolo dei navigatori, ci si può ritrovare con un discreto seguito di lettori e questo potrebbe anche finire per avere un valore economico interessante per eventuali sponsor. In Italia siamo ancora ben lontani dal garantire qualcosa di più della sopravvivenza a chi volesse vivere del mestiere di blogger, ma la strada è ormai tracciata.

I blogger sono allora la nuova frontiera del giornalismo? Va precisato che oggi chi vuole intraprendere la carriera del giornalista in Italia - che prevede l’iscrizione all’albo professionale – ha davanti a se ancora il percorso classico, che prevede la collaborazione con una testata giornalistica per un periodo di circa due anni, pubblicando i propri articoli firmati e remunerati oppure l’essere assunto come praticante per poi accedere all’esame di stato. Nel primo caso si diventa giornalista pubblicista, nel secondo giornalista professionista. L’Ordine dei giornalisti riconosce  però anche l’esperienza svolta online, purché la testata giornalistica sia stata regolarmente registrata presso il tribunale di competenza.

Se è vero che per una parte dei navigatori le notizie fornite dalla “gente comune” sono più affidabili di quelle dei giornalisti, è altrettanto vero che un così gran numero di emittenti pone il problema della fiducia. Questo complesso sistema di passaparola che riproduce e amplifica una notizia può portare all’illusione che la migliore garanzia di verità sia data dal maggior numero di persone che la ripetono. Un numero infinito di fonti di informazione non assicura la democrazia dell’informazione. I navigatori che vogliono verificare l’attendibilità di una notizia avuta dal tam tam informale della rete sono portati a farlo sui siti dei quotidiani o delle agenzie di stampa tradizionali, che nonostante le critiche godono ancora di una reputazione di professionalità.  Questo però è possibile oggi che convivono vecchi e nuovi media, ma  cosa accadrà –come si domanda Gianni Riotta nel suo articolo Bentornata internet primo amore di libertà – domani quando sarà tutto solo online? “chi e come certificherà la reputazione delle fonti autentiche?” I giornalisti hanno finora commesso spesso l’errore di preoccuparsi troppo della sopravvivenza dei propri privilegi, ma coloro che li accusano di supponenza e mercenatismo non pensino che eliminandone il mestiere si avrà maggiore libertà d’informazione.

Quello che più opportunamente ci si deve augurare è che in rete si sviluppi un confronto e un controllo reciproco tra la gente comune e gli esperti, tra i semplici appassionati e i professionisti. La sfida del giornalismo di domani non sarà quella di imporre la verità dall’alto, ma quella di convincere l’opinione pubblica provando l’efficacia delle proprie idee con la disponibilità a ribattere alle  critiche 24 ore su 24.

Raffaella Giuri

5 maggio 2010

Foto di rcade


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